Per una maggior sicurezza sul lavoro la sanzione non basta, bisogna prevenire
Per una seria politica della sicurezza sul lavoro è necessaria una defiscalizzazione dei costi sostenuti dalle imprese. Altro step: rendere obbligatorio il modello 231, per dispensare l’impresa dai reati che colpiscono i singoli dipendenti. Sono queste alcune delle proposte presentate dal vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, al convegno “Sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro. Apparato sanzionatorio e strategie premianti” organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Per il CNI i controlli sono necessari, ma la sanzione non è l’unica strada da percorre. Per il Presidente Angelo Domenico Perrini “Servono prevenzione e formazione. Inoltre, come ripetiamo ormai da tempo, è necessario inserire dei meccanismi di premialità”. All’evento hanno partecipato anche Fabrizio Benedetti (INAIL) e Paolo Pennesi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Sicurezza sul lavoro: la defiscalizzazione dei costi
L’obiettivo principale, quando si parla di sicurezza sul lavoro, è agire in maniera sinergica, coinvolgendo tutti gli attori preposti, dagli enti pubblici alle imprese, sino ai professionisti. Per il vice ministro Sisto, vi sono alcune proposte da prendere in esame: “Ha senso che il modello 231, adottato per permettere all’impresa di essere dispensata dai reati imputati ai singoli dipendenti, sia ancora facoltativo oppure non è il caso di renderlo obbligatorio? Si può immaginare di creare un data base con tutti gli acquisti per la sicurezza effettuati dall’azienda da comunicare ad INAIL”.
E ancora, bisogna pensare ad una “defiscalizzazione dei costi sostenuti dall’impresa per la sicurezza. Insomma, in questo settore abbiamo bisogno di una sorta di new deal. Per realizzare tutto ciò, però, è necessario il coinvolgimento di tutti gli attori, in particolar modo i professionisti e gli ingegneri”.
Prevenzione e formazione
Non solo l’aspetto sanzionatorio. Per Angelo Domenico Perrini, presidente del CNI, “Sono necessari i controlli, ma occorre ricordare che il nostro apparato sanzionatorio è già tra i più puntuali a livello internazionale. La sanzione non è sufficiente. Servono prevenzione e formazione. Inoltre vanno inseriti dei meccanismi di premialità”.
Focus sulla formazione, dunque, che per Tiziana Petrillo, consigliera CNI con delega alla sicurezza, deve essere “sul campo, meno cartacea, più allineata alle effettive operazioni e ai rischi specifici del lavoratore. Inoltre, è necessaria un’azione di monitoraggio e controllo sui soggetti formatori. Serve poi costruire nel Paese una cultura della sicurezza, obiettivo che si raggiunge soltanto se la formazione su questo argomento comincia dalle scuole. A questo, per esempio, mira il nostro progetto del CNI ‘La sicurezza a partire dai banchi di scuola’”.
I costi della mancata sicurezza
Gli incentivi sono un elemento fondamentale per Fabrizio Benedetti di Inail: “Abbiamo previsto un premio per quelle imprese che hanno investito molto sulla sicurezza, passando anche attraverso la definizione di uno specifico piano gestionale della sicurezza. Attualmente morti ed infortuni sul lavoro ci costano circa il 3% del Pil, il che significa che esiste anche una questione economica. Anche per questo motivo non si può prescindere da meccanismi di premialità”.
Infine, Paolo Pennesi, Direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro: “L’INL effettua ogni anno 95 mila controlli, grazie al lavoro di un corpo di 3 mila ispettori, di cui mille sono tecnici. Tuttavia, va considerato che le imprese in Italia sono 1,7 milioni, quindi è impossibile immaginare un controllo massivo. Attualmente i controlli fanno emergere violazioni nell’85% dei casi. La percentuale sale al 93% se parliamo di Superbonus. Insomma, un quadro poco rassicurante”.
Fonte: Teknoring