L’applicazione del Titolo IV ai lavori edili e impiantistici

La Cassazione Penale, Sez. 4 23/11/2022, n. 44557, si è espressa riguardo un ricorso presentato in merito ad un grave infortunio avvenuto per caduta dall’alto fornendo anche un’interpretazione riguardo il campo di applicazione del Titolo IV.

Il fatto

Il procedimento in esame aveva ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi in una cittadina dell’hinterland torinese nel 2015 in una palazzina di uffici che, all’epoca dei fatti, in forza di un contratto di locazione finanziaria, era nella disponibilità di una società assicurativa. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, la società aveva sottoscritto con un’altra società un contratto preliminare per la locazione di una parte della palazzina attribuendo alla promissaria conduttrice (locataria) l’immediata disponibilità dei locali per consentirle di eseguire lavori di manutenzione e adattamento degli stessi in vista di un contratto definitivo che sarebbe stato stipulato successivamente.

Dalle sentenze di primo e secondo grado emerge che nella palazzina furono eseguiti lavori di manutenzione straordinaria che coinvolsero l’intera struttura. In particolare, la società assicuratrice stipulò un contratto di appalto con un’azienda impiantistica per la realizzazione, nell’intero stabile, degli impianti di condizionamento; la società locataria incaricò un’altra impresa per la realizzazione delle murature REI e la tinteggiatura dei locali che aveva promesso di prendere in locazione affidando il rifacimento dell’impianto elettrico presente in quei locali ad un’altra impresa impiantistica.

Quest’ultima, era già stata incaricata, da inizio 2015, dalla società assicuratrice (locatore) della manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti elettrici dell’intera palazzina. L’infortunio si verificò a fine settembre 2015 quando i lavori affidati alla prima impresa impiantistica erano ormai quasi terminati. Proprio perché i lavori erano quasi finiti, nella palazzina non erano più presenti maestranze della impresa incaricata di eseguire le murature REI; questa aveva lasciato in deposito in un bagno i materiali per la tinteggiatura e una scala di alluminio.

Nel pomeriggio del 29 settembre il datore di lavoro di questa impresa incaricò un suo dipendente di recarsi presso la palazzina e prelevare la scala che doveva essere utilizzata altrove. Recatosi sul posto, il dipendente constatò che la scala non era più dove era stata lasciata e, parlando con alcuni lavoratori delle altre imprese presenti, apprese che era stata utilizzata per far passare le tubazioni dell’impianto di condizionamento all’interno di un cavedio cui si poteva accedere attraverso una porticina presente in un bagno al primo piano.

La pavimentazione del cavedio era costituita, nella parte iniziale, da un pianerottolo in grigliato metallico e, alla sinistra di quel pianerottolo, c’era un corridoio largo 95 centimetri e lungo 4 metri, privo di illuminazione, la cui pavimentazione era costituita da pannelli in cartongesso e, quindi, palesemente inidonea a sostenere il peso di una persona. Nel punto di passaggio, dal pianerottolo in grigliato metallico al corridoio, era inizialmente collocato un cancelletto di protezione che era stato rimosso nel corso dei lavori. Al di sopra dei pannelli, inoltre, erano presenti tubolari metallici che fungevano da supporti per il posizionamento di tavole sulle quali era possibile camminare nel caso in cui fosse necessario accedere al locale.

Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, avendo appreso che la scala si trovava nel cavedio, il dipendente vi entrò. Nessuno lo aveva informato delle caratteristiche del pavimento e per entrare non dovette superare nessun ostacolo perché la porticina di accesso era aperta. Facendosi luce col telefono cellulare, vide la scala, collocata sul fondo del corridoio e andò a prenderla. Mentre tornava indietro, a causa del cedimento della struttura in cartongesso, precipitò nel locale sottostante con un volo di oltre 5 metri riportando gravi lesioni.

Il legale rappresentante della società assicuratrice (locatore) era stato accusato di aver provocato l’infortunio, quale committente dei lavori, per non aver provveduto alla nomina di un coordinatore per la progettazione che «redigesse il piano di sicurezza e coordinamento e di un coordinatore per l’esecuzione che vigilasse sulla sicurezza dei lavori verificando i singoli piani operativi di sicurezza delle imprese o società esecutrici».

La Corte di appello di Torino aveva condannato il committente alla pena, condizionalmente sospesa, di 20 giorni di reclusione per il reato di cui agli artt. 40, secondo comma, 113, 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. avendo commesso il reato in cooperazione colposa con il datore di lavoro dell’impresa impiantistica a cui erano stati affidati i lavori relativi agli impianti di condizionamento (quest’ultimo giudicato separatamente).

Fonte: punto sicuro