Tempi di assunzione degli incarichi e responsabilità penali: sentenze

RSPP assolto perché, pur essendo stato formalmente nominato, “non aveva potuto iniziare ad occuparsi dell’incarico” a causa della mancanza delle informazioni che ex lege doveva ricevere dal datore di lavoro

Il caso trattato da Cassazione Penale, Sez.IV, 20 giugno 2013 n.26970 ha avuto ad oggetto un infortunio avvenuto in una cava.

In particolare si era verificato che il lavoratore A., “il quale svolgeva l’attività di scalpellino, si era infortunato mentre manovrava un muletto per trasportare una grossa pietra sul posto di lavoro, poiché, facendo retromarcia, era finito con la ruota in una piccola scarpata ed era stato investito dalla macchina, che era rotolata in fondo alla scarpata più profonda.”

La Corte d’Appello di Milano “confermava nei confronti di S.F. e G.S., imputati, rispettivamente, nella qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione e rappresentante legale della srl “S.” e di responsabile della cava per la predetta ditta, la sentenza di primo grado con la quale i predetti erano stati ritenuti responsabili del reato di lesioni colpose in danno di A.R., dipendente della società” (reati poi dichiarati estinti dalla Cassazione per intervenuta prescrizione).

Con riferimento al tema che ci occupa, “con la stessa sentenza era assolto dal medesimo reato P.F., responsabile del servizio di prevenzione e protezione, già condannato in primo grado.”

La sentenza specifica che “il P., poi, era stato esentato da responsabilità penale perché, pur essendo stato comunicato il suo nominativo alla Asl e alla Direzione Provinciale del Lavoro quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il relativo rapporto non si era perfezionato, poiché il datore di lavoro non aveva fornito le informazioni di cui al D.Lgs. n.626 del 1994, art.9, capo 1, lett.a) [ora art.18 c.2 D.Lgs.81/08, n.d.r.], pur avendone l’obbligo.”

E, “di conseguenza, costui non aveva potuto iniziare ad occuparsi dell’incarico che gli era stato solo nominalmente affidato.”

Responsabilità di un Amministratore Delegato in carica da 52 giorni: nessuna efficacia liberatoria nei suoi confronti delle deleghe conferite dal precedente AD e che sono state dall’imputato solo “confermate” con scrittura privata. Le deleghe quali “atti personali intuitu personae”

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 9 maggio 2017 n.22606, la Corte ha confermato la condanna di M.G. per il reato di lesioni colpose aggravate ai danni della lavoratrice dipendente N.A.

In particolare, “si è contestato al M.G., nella qualità di Amministratore Delegato della Cooperativa T. [società del comparto alimentare, n.d.r.], titolare – tra l’altro – di delega ad hoc in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro”, di avere cagionato alla lavoratrice – con mansioni di operaia addetta alla cernita della frutta – le predette lesioni, anzitutto “mettendo a disposizione del personale dipendente la macchina POLMONE A NASTRO 1300×1000, senza nel contempo dotarla dei requisiti generali di sicurezza” e “nonostante [la stessa, n.d.r.] fosse del tutto sprovvista di dispositivi idonei ad impedire l’accesso ed il contatto con la zona pericolosa, ove si trovavano ad operare i nastri trasportatori, sottostante il macchinario stesso (dispositivi peraltro imposti dalla ditta produttrice)”.

La dinamica dell’infortunio era stata la seguente.

La lavoratrice “N.A., mentre si trovava a prestare attività nel reparto “Cestini” lungo la linea denominata “Cestini Due”, terminata la fase di cernita della frutta, aveva iniziato ad effettuare la pulizia del luogo di lavoro e, finita la raccolta dei frutti caduti a terra, si era introdotta – risultando completamente scoperta e non essendole stati impartiti precisi divieti in tal senso – nella zona sottostante la macchina POLMONE A NASTRO 1300/1000, per effettuare la pulizia del relativo nastro trasportatore (in quel momento in movimento). Nel contesto di tale operazione di pulizia, dapprima la mano, poi l’intero braccio sinistro venivano trascinati e schiacciati dal nastro trasportatore”.

Nell’ambito dei numerosi motivi di ricorso presentati dall’imputato, “la difesa opera un rinvio ai principi rinvenibili nella sentenza Thyssen Krupp delle Sezioni Unite in ordine alla gestione del rischio nei contesti lavorativi complessi, evidenziando come la “T.” dovesse considerarsi azienda di dimensioni rilevanti, con particolare complessità strutturale ed organizzativa e come dovesse tenersi conto della circostanza che il M.G., al momento dell’incidente, era stato nominato A.D. da 52 giorni.”

Tuttavia, la Cassazione conferma l’impostazione delle sentenze di merito, dalle quali “la qualifica di datore di lavoro è stata ricollegata alla nomina del precedente A.D., sostituito dal M.G. meno di due mesi prima del fatto, già espressamente qualificato tale ex art.2 del d.lgs.81/08 per lo specifico settore della sicurezza sul lavoro, con facoltà di delega in materia al responsabile del processo ortofrutta (delega effettivamente attivata dal precedente A.D. Me. in favore del M., con procura notarile registrata il 17/06/2009). Con scrittura privata datata 18.06.2010, avente ad oggetto la “conferma deleghe conferite”, il M.G., nuovo A.D., aveva confermato le deleghe conferite dal precedente amministratore al M. che accettava.”

E’ interessante a questo punto constatare che, come ricordato dalla Suprema Corte, “a fronte di tale situazione di fatto, il Tribunale aveva tuttavia ritenuto che la nomina ad amministratore delegato dell’odierno imputato avesse determinato l’inefficacia delle deleghe già conferite dal precedente, siccome atti personali intuitu personae destinati a perdere validità ed efficacia al venire meno della posizione di datore di lavoro da parte del delegante, con ritorno all’A.D. dei poteri e delle responsabilità in materia di sicurezza (conclusione avvalorata dalla circostanza che il CdA aziendale aveva proposto la conferma delle deleghe, così convalidandone la avvenuta caducazione).”

Inoltre, per quanto attiene alla “scrittura privata prodotta dalla difesa, il Tribunale non l’aveva ritenuta idonea a determinare il relativo passaggio di poteri e responsabilità, dovendo la stessa essere effettuata secondo le prescrizioni di cui all’art.16 del d.lgs. 81/08.”

Infatti, “nel caso di specie, si era trattato di una mera scrittura privata sottoscritta dal delegato e dal delegante, priva di data certa, requisito formale inteso a cristallizzare il momento concreto, cronologicamente individuato o individuabile, della trasposizione del ruolo e delle funzioni da un soggetto ad un altro, idoneo ad impedire fittizie formazioni di un siffatto documento dopo il verificarsi dell’evento infortunistico.”

Di conseguenza “la stessa, quindi, era inidonea al passaggio della posizione di garanzia che, in ogni caso, non avrebbe potuto esonerare il delegante e lo stesso delegato, ove costui avesse svolto le funzioni delegate.”

A sua volta, “la Corte d’appello ha avallato tale decisione, uniformandosi al precedente giurisprudenziale richiamato dal Tribunale e ritenendo, pertanto, permanente la posizione di garanzia in capo al M.G., anche a fronte della responsabilità di fatto assunta dal M., inidonea ad escludere quella del M.G. e con essa concorrente.”

Anche riguardo al motivo di ricorso legato ai tempi di assunzione della carica da parte dell’imputato, la Cassazione conferma l’impostazione della sentenza d’appello, dal momento che “l’individuazione della responsabilità penale dell’imputato, all’interno della società della quale è organo apicale, infatti, non è stata attribuita in via automatica, bensì tenendo conto dell’effettivo contesto organizzativo e delle condizioni in cui egli ha operato (avendo preso parte alle riunioni periodiche presso l’azienda, cfr. pag. 17 della sentenza), il che toglie pregio al rilievo che egli era in carica da meno di due mesi allorché si verificò l’infortunio, tenuto conto della natura della norma prevenzionale violata, direttamente riferibile alla pericolosità del macchinario presso il quale la neo assunta N.A. si procurò le lesioni subite.”

Si tenga conto, sotto tale profilo, che “quanto alla prevedibilità del rischio, il Tribunale aveva precisato che il M.G. era un datore di lavoro informato e che ben poteva informarsi sulle condizioni di lavoro nello stabilimento di L. e sul suo stato di sicurezza, avendo preso parte alle riunioni periodiche sullo stato della sicurezza in qualità di datore di lavoro che si tenevano in azienda alla presenza, tra gli altri, del M. e di L.R., responsabile dello stabilimento.”

Coordinatore di cantiere assolto in quanto nominato 4 giorni dopo il sopralluogo dell’ASL

Con Cassazione Penale, Sez.III, 13 dicembre 2018 n.56119, la Corte ha accolto il ricorso di G.A. avverso una sentenza che lo aveva condannato ad una pena pecuniaria “in quanto colpevole del reato contravvenzionale previsto e prescritto dall’art.158 comma 1 in relazione all’art.91 comma 1 lett.a) del D.Lgs.n.81/08, per non avere, in qualità di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di un cantiere edile, alla data dell’accertamento redatto il piano di sicurezza e coordinamento con individuazione dei rischi concreti.”

Con un unico motivo di ricorso l’imputato “deduce che nel corso dell’istruttoria era emerso come l’G.A. fosse stato nominato in data 13.1.2014 coordinatore della sicurezza del cantiere da parte del committente dei lavori, tale M.V., solo in seguito all’accertamento della violazione, ovverosia sopralluogo eseguito in data 9.1.2014 e che di ciò costituiva riscontro anche il passaggio della sentenza impugnata laddove si riporta, tra le varie violazioni riscontrate in sede del sopralluogo effettuato dal personale della ASL il 9 gennaio 2014, anche l’assenza della nomina di un responsabile per il coordinamento per la sicurezza, per sopperire alla quale il M.V. aveva nominato in data 13 gennaio 2014 l’imputato.”

Con tale motivo di ricorso, si “censura pertanto la responsabilità ascritta all’imputato per un reato che si configura come proprio, nonostante al momento del fatto costui non rivestisse la qualifica soggettiva attiva richiesta dalla norma incriminatrice.”

Nel ritenere fondato il ricorso, la Cassazione chiarisce che la contestazione mossa all’imputato, quale risultante dal capo di imputazione, “consiste nella mancata redazione del piano di sicurezza in qualità di coordinatore della sicurezza nel corso dei lavori svoltisi all’interno di un cantiere edile”.

Ma la Corte sottolinea che “tale inadempimento accertato in data 9.1.2014 nulla ha a che vedere la successiva vicenda su cui si incentra, invece, la motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale l’G.A., nominato coordinatore in data 13.1.2014, e dunque successivamente all’accertamento conseguito al sopralluogo degli ispettori ASL, risulta aver redatto il piano di sicurezza, che ha inviato il 5.5.2014 all’ufficio competente, ma che, a seguito delle irregolarità riscontrate per la mancata individuazione, analisi e valutazione rischi, ha poi provveduto a regolarizzare, senza tuttavia versare l’oblazione cui era stato ammesso.”

Tale illecito “è del tutto diverso da quello contestato all’Imputato, avuto riguardo sia alla condotta, costituita, come sopra evidenziato, nella mancata redazione di tale piano, sia al tempo della sua consumazione risalente al 9.1.2014.”

In conclusione, “la natura di reato proprio che riveste la contravvenzione di cui all’art.158, comma 1 d.lgs.81/2008, che presuppone in capo all’agente la qualifica soggettiva di coordinatore per la progettazione dei lavori, impone l’assoluzione dell’imputato a norma dell’art.530 cod. proc. pen. per non aver commesso il fatto.”

Fonte: Punto sicuro